La trasparenza è importante solo per i diamanti o anche per le cinture?
- Daniel Giaconia

- 6 nov 2020
- Tempo di lettura: 4 min
10000 km.
Questo è il numero di chilometri minimo che un diamante deve affrontare dal momento in cui viene estratto da una miniera a quando finisce sul banco di un gioielliere.
E tutto questo sarà certificato da Tiffany nel Diamond Certificate che renderà il brand di preziosi di New York la prima azienda nel mondo della gioielleria a tracciare l’intero percorso di lavorazione dei diamanti. Come?
Le informazioni relative alla regione o Paese d’origine e al luogo in cui ogni diamante viene tagliato, lucidato, classificato e certificato e poi montato su un gioiello, verranno quindi condivise da Tiffany con i propri clienti.

“Oggi il nostro impegno nella tracciabilità dei diamanti fa un ulteriore passo avanti,” ha dichiarato Anisa Kamadoli Costa, Chief Sustainability Officer di Tiffany & Co. “I nostri clienti meritano di sapere che un diamante Tiffany rispetta gli standard più elevati, non solo per quanto riguarda la qualità, ma anche la responsabilità ambientale e sociale.”
Responsabilità e chiarezza verso i clienti, questa è la motivazione alla base della scelta di Tiffany.
Un principio che io condivido e non penso di essere il solo.
Sarà capitato anche a te di scegliere determinati prodotti in base alla provenienza.
Olio proveniente da olive italiane e con spremitura realizzata in Italia.
Feta proveniente dalla Grecia.
Scotch whisky proveniente dalla Scozia.
E potremmo andare avanti all’infinito.
Nella scelta di Tiffany di indicare chiaramente il percorso che ogni diamante effettua io vedo molto di più che una semplice indicazione di origine: vedo una scelta di trasparenza totale verso il suo cliente e un impegno nel porre maggiore attenzione alla filiera, dalle materie prime alle aziende partner.
E condivido la scelta di Tiffany tant’è che anche io, ben prima di Tiffany, ho deciso di realizzare la carta di identità della cintura. Perché?
Perché non si può pensare che tu possa andare solo in fiducia con il tuo fornitore e non si può pretendere che sia tu a dover verificare tutti i materiali e le relative provenienze; tu non puoi sapere nel dettaglio l’origine di tutte le materie prime che usa il tuo fornitore o da dove lavorano i terzisti a cui dà in carico la tua produzione.
Tu concordi con lui lo styling, i colori, i materiali, il prezzo e i tempi di consegna ma per il resto fai una cosa difficilissima: ti fidi di lui.
Ti fidi che utilizzi il materiale che avete deciso e non che ripieghi su un materiale più scadente che poi camufferà; ti fidi che le lavorazioni e lo styling siano esattamente come ti aveva presentato in fase di campionatura e, soprattutto, ti fidi che la consegna sarà nei tempi stabiliti.
Un bel carico di fiducia, non credi?
Contando soprattutto che ultimamente i brand tendono ad accumulare la gestione di più fornitori e di più linee di prodotto tutta su uno o al massimo due buyer aumentando così in modo esponenziale il tuo carico di responsabilità.
La fiducia nel tuo fornitore è necessaria per poter arrivare a fine giornata.
Ma non basta.
Nei precedenti articoli abbiamo visto quali conseguenze negative, e penali, abbia il tradimento della tua fiducia da parte del tuo fornitore: sequestro della merce, procedimenti penali e danni di immagini giusto per fare qualche esempio.

Per questo la mia carta di identità è una garanzia, sia per te che per me.
Per te significa avere sempre il controllo su tutte le fasi e su tutte le materie prime impiegate per la produzione della tua collezione di cinture; per me significa mettere nero su bianco quello che da sempre propongo.
Molto spesso alcuni produttori ti propongono prezzi particolarmente vantaggiosi, ma omettono di dire che quel prezzo vantaggioso deriva dall’utilizzo di una materia prima meno pregiata.
Bada bene, non sto demonizzando il materiale: tutto può essere utilizzato e tutte le materie prime hanno la stessa dignità, basta solamente rendere noto la provenienza e la motivazione legata alla scelta.
Nella mia trentennale esperienza mi è capitato di realizzare collezioni di cinture con pellami di tutti i tipi: ovviamente la differenza di valore della materia prima dipende dal posizionamento che il brand intendeva proporre.
Per intenderci: non è che se mi chiedi una cintura a basso costo in pelle ti propongo i fondi di magazzino. No. Cerco sempre di trovare il pellame migliore, a parità di prezzo, e lo stesso può essere di provenienza italiana oppure no.
Come ti spiegherò in maniera più dettagliata nel prossimo video, sono contro i fornitori che propongono prodotti Made in Italy low cost. Quindi, se la nostra collaborazione ne ha bisogno, sono disposto ad utilizzare anche materiali esteri.
Ma tornando alla carta di identità sappi che è una novità assoluta del nostro settore, soprattutto perché la fornisco a priori. Non devi nemmeno chiedermela.
Nessun altro ti fornisce questa garanzia.
E non parliamo della semplice indicazione “Made in” di cui abbiamo ampiamente parlato negli altri video: parlo di un documento, che porta la mia firma, dove certifico non solo la provenienza della pelle, ma anche del grezzo ovvero la materia prima della concia. E anche della fibbia, di cui indichiamo sia la provenienza che la composizione. E non scordiamoci poi della manifattura.
Insomma, un documento dove trovi vita, morte e miracoli di ogni cintura che realizzo.
Ora, visto che il mio obiettivo è quello di aiutarti a migliorare le vendite del tuo brand, voglio che tu sia onesto con me e che tu decida di contattarmi solo se sei realmente pronto a fare quel passo in più che ha permesso a molti miei clienti di aumentare il proprio sell-out e i propri margini.
Ora la scelta è tua. Continuerai a sognare il tuo fornitore ideale o sei pronto ad averlo per davvero?





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