Un Everest di pelli al giorno da smaltire: che si fa?
- Daniel Giaconia

- 27 nov 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Real Leather is Real Sustainability: non so se ti è già capitato di vedere la campagna di Unic che punta sì a diffondere e rafforzare la conoscenza e la consapevolezza della pelle, ma soprattutto a sfatare alcuni falsi miti legati al mondo della pelletteria, soprattutto tra i più giovani.
Non è la prima volta che Unic, o associazioni di categoria a lei simili, si lanciano in campagne di questo tipo: non voglio qui ragionare sulle scelte grafiche, stilistiche o sul messaggio vero e proprio che hanno realizzato, ma mi voglio concentrare sull’urgenza e sull’importanza della questione di fondo: la sostenibilità.
E’ innegabile che ai giorni nostri questo sia uno dei temi più trattati e più dibattuti, ma è triste, da produttore, vedere quante stronzate vengano sparate in merito pur di sostenere la propria fazione.
Io come produttore sono agnostico sull’utilizzo o meno della pelle, perché dipende dall’identità e dall’anima del brand per il quale realizzo la collezione di cinture, ma come sostiene Unic, è arrivato il momento di sfatare qualche falso mito e parto dal primo, e più importante: non ci sono più motivi per utilizzare la pelle.
Questo è quanto sostiene Miomojo, marchio lombardo di moda vegana, che sulle pagine di Fashion United ha sentenziato che non ci sono più scuse per usare la pelle.
Il motivo? Perché in commercio c’è una grande offerta di materiali alternativi.
Questo è vero.
O meglio, lo sarebbe in un mondo perfetto.
Perché se da un lato è vero che c’è una grande offerta, dall’’altro bisogna tenere in considerazione anche l’impatto che questi materiali alternativi hanno sull’ambiente.
Ma procediamo con ordine.
Sostenere che non ci siano più scuse per utilizzare la pelle è una forzatura.
Pensiamo solamente al fatto che, ogni anno, secondo dati Istat, in Italia vengono macellati circa tre milioni di bovini e la carne rappresenta ancora oggi un alimento fondamentale per molte persone.
E le tre milioni di mucche macellate si traducono in 15 milioni di mq di pelli e più di 200 milioni di cinture e giusto per darti un’idea, se le mettessimo tutte una sopra l’altra raggiungeremmo 15000 metri, come un monte Everest e un K2 uno sopra l’altro.
Cazzo sarà un problema? Dove le mettiamo tutte queste pelli?
E nel mondo?
In questo caso parliamo di quasi un milione di mucche macellate ogni giorno. E il conto è “presto” fatto: 5000 metri di pelli da smaltire ogni giorno, un Monte Bianco al giorno di pelli da smaltire.
Ogni giorno.
E se la carne finisce ai macellai e nei banchi dei supermercati, sappiamo bene che le pelli o vengono riutilizzate dall’industria conciaria oppure devono essere smaltite nelle discariche, che al giorno d’oggi rappresentano una nota dolente per la maggior parte delle regioni italiane e non solo.
È ovvio che c’è una questione etica alla base: se la gente continua a mangiare la carne ci sarà sempre pelle da smaltire. Nessuna mucca viene scuoiata solo per ricavarne della pelle.
L’industria della pelletteria sta quindi risolvendo un problema: è un sistema di economia circolare che punta a riutilizzare o meglio dire riciclare prodotti che altrimenti verrebbero buttati via. Senza contare che i nuovi regolamenti per la concia impongono regole stringenti in termini ambientali anche per tutte le fasi di lavorazione e i materiali utilizzati.
E le alternative di cui Miomojo parlava cosa sarebbero?
Prima di parlartene ci tengo a precisare che in questo articolo parlerò di “pelle vegana” anche se, come ti avevo accennato in un precedente articolo, ufficialmente dal 24 ottobre 2020 in Italia è vietato utilizzare il termine pelle per indicare un materiale diverso dalla spoglia animale.
Ma torniamo ai materiali alternativi; sicuramente possono essere divise in due macrocategorie:
- “Pelli vegane” realizzate con PVC o poliuretani
- Materiali realizzati con scarti vegetali
La prima tipologia di “pelle” è molto spesso realizzata con poliuretani o in PVC, plasticaccia insomma. Entrambi hanno un costo ambientale elevato sia per il processo chimico al quale sono sottoposti per rendere il materiale abbastanza flessibile da imitare la pelle sia per la breve durata dei prodotti che per i lunghi tempi di smaltimento ma soprattutto per il massivo inquinamento che comportano: ti ricordo che le cinture in sintetico non sono riciclabili. Quindi devono essere smaltite negli inceneritori: pensa quando ti capita di bruciare un pezzo di plastica; hai presente l’odore di chimico che ti brucia le narici? Ecco, pensa a questo effetto su larga scala: centinaia di ciminiere che in tutto il mondo sputano questi veleni nell’aria.

A questo proposito molto calzante è l’affermazione di Amy Powney, direttore creativo di Mother of Pearl, che sentenzia la questione così “Se stai comprando finta pelle devi renderti conto che in fin dei conti stai acquistando della plastica.” Ed è vero.
Un discorso a parte deve essere invece fatto parlando di materiali realizzati con scarti naturali come, ad esempio, le fibre realizzate a partire dalle foglie scartate degli ananas oppure dai cactus e dai funghi. Queste sono proposte con un impatto ambientale decisamente più basso, ma che per ora non possono rappresentare una vera e propria alternativa alla pelle, per lo meno su larga scala, sia per l’alto costo delle materie prime che per le limitate capacità produttive di ciascun’alternativa.
Che tu sia un carnivoro alla Fred Flinstones oppure un amico degli animali, sarà capitato anche a te di riflettere su questo tema, soprattutto alla luce dei trend di mercato che vedono la questione eco (e il bio nell’alimentazione) in continua ascesa.
E io non sono da meno; parecchie volte mi sono interrogato sul futuro della pelletteria e sulla scelta di un materiale animale piuttosto che uno alternativo e se fino ad ora ho sempre preferito la pelle è perché sapevo che era un buon compromesso a tutti i livelli.
Ma come ti dicevo all’inizio dell’articolo io, come produttore, sono agnostico sull’utilizzo o meno della pelle perché dipende dalle richieste del brand e dalla sua identità: ho più volte utilizzato materiali alternativi, ma la mia scelta è ricaduta su un materiale, naturale di partenza, sostenibile e non frutto di altri scarti.
Se vuoi sapere di che materiale sto parlando o se sei interessato allo sviluppo di una collezione di cinture sostenibile











Commenti